Baby KJ ha fatto scuola, l’FDA annuncia la svolta

L’annuncio è arrivato il 12 novembre sulle pagine del New England Journal of Medicine con un titolo apparentemente cauto: “Il nuovo plausibile percorso dell’FDA”. Il testo dell’articolo firmato da due figure ai vertici della Food and Drug Administration, però, dimostra capacità di visione e spirito di leadership. Per una volta conviene partire dal finale, che suona come una forte dichiarazione di intenti: “A quasi 30 anni dal sequenziamento del genoma umano, le terapie personalizzate sono ormai una realtà. L’FDA collaborerà e fornirà assistenza per introdurre queste terapie sul mercato, e le nostre strategie normative si evolveranno per stare al passo con i progressi scientifici”. (Continua su Osservatorio Terapie Avanzate)

Il nuovo orizzonte delle terapie CRISPR su misura

Negli Usa si va verso l’autorizzazione di sperimentazioni cliniche “a ombrello”, progettate per rendere gli interventi di editing più tempestivi ed economicamente sostenibili. Il nuovo approccio per le malattie rare (ispirato dal caso del bimbo americano che per primo ha ricevuto un trattamento CRISPR su misura) incrocerà i dati ricavati da protocolli simili, taglierà le pratiche ridondanti e ridurrà i test sugli animali. Ne ho scritto su Le Scienze.

Oltre Baby KJ: il futuro delle cure CRISPR

Una tavola rotonda ha fatto il punto sulle lezioni apprese nel campo del manufacturing durante la corsa a salvare il neonato americano con un trattamento di editing su misura

Lo sforzo congiunto che la scorsa primavera ha salvato il piccolo KJ Muldoon ha meritato una copertura stampa ampia e dai toni entusiasti. Ma c’è una parte della storia che i media hanno trascurato, quella che segue l’invenzione del trattamento e precede la sua somministrazione. Dopo aver capito come correggere un difetto genetico (editing) e aver trovato il vettore giusto per raggiungere le cellule bersaglio (delivery), bisogna produrre gli ingredienti in tempi rapidi, con costi sostenibili e nel rispetto degli standard clinici. La celebre battuta di Inder Verma andrebbe aggiornata, non basta più dire che “ci sono tre problemi nella terapia genica: delivery, delivery e delivery”. Esiste almeno una quarta sfida: il manufacturing. (Continua su Osservatorio Terapie Avanzate)

Il primo centro pediatrico per le cure CRISPR

Jennifer Doudna e Priscilla Chan

Dopo il successo del trattamento preparato su misura per un neonato parte la nuova iniziativa dell’Innovative Genomics Institute finanziata dalla fondazione Chan Zuckerberg 

Lo scorso maggio ha fatto clamore il caso di baby KJ, il bimbo affetto da un grave disturbo metabolico che ha ricevuto una terapia sviluppata soltanto per lui in soli sei mesi di tempo. Il rapido miglioramento delle sue condizioni e le sue dimissioni dall’ospedale hanno lasciato la comunità dei pazienti rari con una domanda: si è trattato di un exploit irripetibile o di un modello di intervento replicabile? La risposta giusta potrebbe essere la seconda, come testimonia la nascita del Center for Pediatric CRISPR Cures in California. Il centro, che sarà diretto da Fyodor Urnov, parte con la missione di sviluppare trattamenti di editing personalizzati per otto piccoli pazienti con difetti congeniti del metabolismo e del sistema immunitario. (Continua su Osservatorio Terapie Avanzate)

Piacere KJ, sono il primo neonato trattato con CRISPR su misura

L’annuncio è arrivato ieri al meeting annuale della Società americana di terapia genica e cellulare e in contemporanea sul New England Journal of Medicine. Io ne ho scritto su Le Scienze, ma questa storia vale la pena di vederla, oltre che leggerla. Per chi non è a suo agio con l’inglese, riporto sotto il trascritto in italiano.

PS: Prima di KJ, c’era stato il caso di Terry Horgan, affetto da distrofia muscolare, ma il trattamento personalizzato per lui era arrivato troppo tardi e non ce l’aveva fatta a superare una reazione avversa. Dunque sì, possiamo dire che KJ rappresenta una prima volta: la prima volta in cui l’editing genomico è stato usato presto, in fretta e su misura, tanto da poter sperare davvero nel lieto fine.

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La rivoluzione CRISPR rallenta, ecco i rimedi

Nel numero speciale del CRISPR Journal dedicato alle sperimentazioni cliniche viene proposto un piano d’azione per evitare che il potenziale terapeutico dell’editing vada sprecato

È passato più o meno un anno da quando il primo trattamento a base di CRISPR (Casgevy) è stato approvato negli Usa e in Europa. Il primo paziente trattato oltreoceano al di fuori di un trial clinico è un afroamericano di 12 anni affetto da anemia falciforme. E anche l’Italia è pronta a partire con il primo paziente “non sperimentale”. Ma chi si aspetta che le autorizzazioni per nuove terapie di editing genetico arriveranno a tamburo battente resterà deluso. Il Casgevy, infatti, rischia di svettare come una cattedrale nel deserto. Disponiamo di una piattaforma super-versatile che potrebbe correggere una miriade di difetti genetici, perché allora le cure sono destinate ad arrivare negli ospedali con il contagocce? (Continua su Osservatorio Terapie Avanzate)

La via indiana alle cure CRISPR su misura

Uditi Saraf non si è salvata ma gli sforzi avviati per lei potrebbero aiutare a scrivere il lieto fine per altri malati rari in attesa di terapie avanzate salvavita 

L’encefalopatia familiare con corpi d’inclusione di neuroserpina (FENIB) è una malattia neurodegenerativa rara e senza cura, dovuta all’accumulo di proteine tossiche nel cervello. A seconda della specifica mutazione che la causa può avere un esordio più o meno tardivo. Nel caso di Uditi Saraf i primi sintomi hanno iniziato a manifestarsi presto, a 9 anni di età. Vedendola peggiorare, i genitori hanno deciso di farne sequenziare il genoma, individuando il difetto genetico e diagnosticando la patologia. La loro corsa contro il tempo per cercare di salvare la figlia è stata raccontata in un articolo su Nature, che offre anche uno scorcio sugli sforzi dell’India per rendere più accessibili i trattamenti dell’era genomica. 

 [Continua su Osservatorio Terapie Avanzate; nella foto Udi Saraf con sua madre, credit: Rajeev and Sonam Saraf]

Telethon salva Strimvelis

Dopo mezzo secolo di tentativi, gli strumenti biotech sono avanzati a tal punto da rendere realizzabili, almeno in teoria, trattamenti capaci di cambiare la vita alle persone affette da molte malattie rare e ultrarare. La dura realtà è che, nella grande maggioranza dei casi, i costi di ricerca e produzione sono troppo alti, mentre il numero dei beneficiari di ogni singolo trattamento è troppo esiguo, per riuscire ad attirare e poi tenere acceso l’interesse delle industrie farmaceutiche. Come hanno scritto Michele De Luca e Giulio Cossu su EMBO Reports, dopo la prima “valle della morte” in cui fatalmente si arenano i candidati farmaci bocciati durante le sperimentazioni, si sta profilando una seconda catastrofica “valle della morte” per i trattamenti che funzionano ma non sono abbastanza profittevoli. È in questo contesto che si inserisce l’ultima mossa della Fondazione Telethon, che alla conferenza stampa del 12 settembre si è presentata ufficialmente come “la prima charity al mondo a essere responsabile della produzione e distribuzione di un farmaco”. [Continua su Le Scienze]

Foto della settimana: i rettangoli di Collins

Francis Collins al 25° meeting annuale della società scientifica americana che riunisce gli specialisti di terapie geniche e cellulari (ASGCT)

“La vostra missione è far coincidere il rettangolo rosso con quello giallo”, esorta la slide mostrata da Francis Collins al meeting annuale dell’American Society of Gene & Cell Therapy che si tenuto nei giorni scorsi a Washington. Sono state identificate quasi 7.000 malattie genetiche (rettangolo giallo a destra), ma solo 500 circa (rettangolino rosso) ha una terapia. La gran parte non sono bersagli commercialmente sostenibili in un quadro for-profit e non troveranno una cura con le procedure attuali di editing genomico. Da qui la chiamata rivolta ai colleghi, affinché lavorino per rendere le terapie scalabili e per raggiungere un maggior numero di pazienti. “Abbiamo bisogno di un approccio trasformativo”. Per saperne di più, consigliamo il resoconto di Kevin Davies dell’applauditissima lezione tenuta dal genetista che ha guidato il Progetto Genoma Umano, poi è diventato direttore dei National Institutes of Health e ora è il consulente scientifico del Presidente Biden.