Sono tanti i lavori interessanti usciti di recente, ecco le nostre tre segnalazioni. Riguardano un trial innovativo di terapia genica, un nuovo approccio sperimentale per l’oncologia e l’invenzione di nuovi strumenti per mappare le reti di regolazione genetica.
Se non avete capito come funzionano i microRNA, che hanno fatto vincere a Victor Ambros e Gary Ruvkun il Nobel per la medicina 2024, vi propongo una similitudine di Thomas Cech (Nobel per la scoperta dell’RNA catalitico). Il suo libro, da me recensito qualche settimana fa per Osservatorio Terapie Avanzate, è una miniera di spunti e di informazioni. Oggi l’ho ripreso in mano per scrivere un lungo articolo in uscita su Le Scienze proprio sull’ultimo Nobel. Eccone un estratto.
Ci eravamo abituati a immaginare il Dna come il grande libro della vita, il codice per decifrare noi stessi, la stele di Rosetta dell’umanità, il manuale operativo di Homo sapiens. Ma il repertorio delle metafore merita di essere aggiornato. Oggi il nostro ritratto di specie ha assunto le sembianze di una rete fatta di nodi e relazioni. Benvenuti nell’epoca del pangenoma: il genoma complessivo (pan in greco vuol dire tutto) che ambisce a diventare via via più complesso, plurale, cosmopolita e inclusivo.
Si chiama Killi turchese, è un piccolo pesce africano d’acqua dolce ed è considerato un organismo modello per gli studi sull’invecchiamento. Adesso i ricercatori potranno osservare molto più facilmente i cambiamenti degli esemplari di questa specie (Nothobranchius furzeri), perché un gruppo tedesco ha utilizzato CRISPR per eliminare tre geni in un colpo solo, facendo scomparire la loro bellissima livrea pigmentata.
La linea Killi trasparente, ribattezzata Klara, è stata presentata sulla rivista eLife, che ha anche diffuso questo video su twitter. L’idea non è nuova, infatti nei laboratori guizzano già dei mutanti depigmentati di zebrafish e medaka. Ma Klara è un prezioso nuovo arrivo, soprattutto per gli studiosi di aging. Infatti, nonostante vivano poco (da pochi mesi a circa un anno), questi pesci mostrano alcuni segni di invecchiamento presenti anche nei mammiferi, compreso l’accorciamento delle estremità dei cromosomi.
Jill Banfield raccoglie un campione di acqua dall’East River in Colorado insieme a Kenneth Williams, per studiare la vita microbica dell’ecosistema. Da indagini come questa sono emerse le ultime sorprendenti scoperte: una nuova miniera CRISPR nei virus e una nuova classe di misteriose molecole in alcuni oscuri microrganismi del suolo (credit: Roy Kaltschmidt, Berkeley Lab)
La natura è la più grande inventrice: ha avuto miliardi di anni per fare esperimenti. Non c’è da stupirsi, dunque, che il mondo microbico sia sempre stato una fucina naturale di invenzioni biotech e continui a riservare sorprese ai genetisti. Questa volta ad accendere l’entusiasmo della comunità scientifica sono due lavori pubblicati da poco su Cell e su Nature dalla co-inventrice di CRISPR Jennifer Doudna e da un’altra scienziata di Berkeley che è considerata la più abile esploratrice della diversità molecolare microbica: Jill Banfield. Le loro strade si erano incrociate in modo fatale nel 2006, quando Doudna ha sentito pronunciare per la prima volta la parola CRISPR proprio dalla bocca della collega. (Continua su Osservatorio Terapie Avanzate)
Su Le Scienze di dicembre, ora in edicola, c’è una mia lunga ricognizione nell’ignoroma. Sì, avete letto bene: l’ignoroma è il genoma di cui ignoriamo tutto o quasi e ammonta a circa un terzo del totale. Li chiamano geni dark (oscuri) proprio perché sono sottostudiati, di solito infatti i ricercatori preferiscono concentrarsi su target più vicini al traguardo delle applicazioni cliniche. Ma tra questi elementi trascurati potrebbero nascondersi i farmaci blockbuster del futuro. Ne ho parlato con il bioinformatico danese Søren Brunak e con due vincitrici del primo bando Telethon dedicato al “dark genome”. Enza Maria Valente e Silvia Nicolis si occupano entrambe di genetica del neurosviluppo, anche se si concentrano su malattie differenti. [NB: tra gli strumenti utili per fare luce sui geni che sono ancora enigmatici, nonostante siano passati oltre vent’anni dal sequenziamento del genoma, ovviamente, c’è anche CRISPR]
“Il progresso nella scienza è guidato da nuove tecnologie, nuove scoperte e nuove idee – in quest’ordine”. Lo ha detto uno dei più grandi biologi del secolo scorso, Sidney Brenner, e questa citazione mi è tornata in mente leggendo un curioso paper uscito recentemente su Nature.
Mini-modelli intestinali umani infettati da Sars-Cov2 (Credit: Joep Beumer/Hubrecht Institute)
Gli organoidi sono abbozzi di organi in miniatura ottenuti in laboratorio coltivando cellule staminali e indirizzandole ad assumere l’identità cellulare desiderata. Negli ultimi 10 anni sono stati prodotti in questo modo mini-cervelli, mini-intestini, mini-reni e via continuando. Questi modelli sono estremamente semplificati e hanno le dimensioni di una lenticchia, ma si sono già rivelati utili per la ricerca di base, soprattutto in campi come lo sviluppo embrionale e l’oncologia. Un progetto di ricerca particolarmente estroso sta studiando l’effetto di alcune varianti geniche neandertaliane sul funzionamento di mini-cervelli sapiens. Ma cosa ci si può fare in virologia?
Da decine di migliaia di anni la specie umana se ne sta seduta su un ramo periferico dell’albero della vita, senza parenti più prossimi dello scimpanzé. Siamo letteralmente gli unici uomini e le uniche donne al mondo. Ma c’è stato un tempo non molto lontano in cui i nostri antenati diretti condividevano il pianeta con altri tipi di Homo. Con alcuni ci siamo persino incrociati. Cosa ci distingue da loro? Perché solo noi abbiamo creato i palazzi rosa di Jaipur, Guerra e pace, i razzi per Marte?