Le domesticazioni dell’era genomica

Le specie vegetali coltivate su larga scala nel mondo sono circa 150 ma questo numero potrebbe aumentare, anche notevolmente. Infatti si stima che le piante che sono state pienamente domesticate nel corso di dodicimila anni siano 250, mentre ne esistono settemila semi-domesticate e le edibili sarebbero addirittura cinquantamila. La sfida appare enorme e lo è, ma per le futuribili domesticazioni dell’era genomica potrebbero non essere necessari secoli e millenni, come accadeva agli albori dell’agricoltura. Il processo potrebbe avvenire a ritmo accelerato, nel giro di pochi anni, sfruttando le conoscenze accumulate sui tratti utili per la coltivazione e le nuove tecnologie come l’editing genetico.

[La mia intervista a Silvio Salvi dell’Università di Bologna continua qui; questo è il quinto articolo della serie sulle potenzialità di CRISPR in agricoltura che sto curando per il sito AgriScienza. Nelle puntate precedenti: Le nuove frontiere; Editing per il sud del mondo; Vitamine per il futuro; Frumento a cottura salutare]

CRISPR 2023: l’evento più atteso e una cattiva notizia

Come da tradizione, Nature ha stilato la lista degli eventi scientifici più attesi per il nuovo anno. Per la biomedicina compaiono i vaccini di prossima generazione a base di mRNA, la pubblicazione aggiornata dei patogeni da tenere d’occhio per l’OMS, i nuovi candidati farmaci per l’Alzheimer. Ma c’è anche l’editing genomico, con l’atteso via libera regolatorio a exa-cel, la prima terapia basata su CRISPR, in dirittura d’arrivo a tempo di record (sono passati solo dieci anni dall’invenzione della tecnica).

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Il Tiget festeggia 25 anni di terapia genica

Con un po’ di ritardo per via della pandemia, il 23 dicembre l’Istituto San Raffaele-Telethon per la terapia genica ripercorre la sua storia lunga un quarto di secolo. Venticinque anni passati a cercare di spostare sempre un passo più in là le frontiere della medicina e le possibilità di cura. Con Luigi Naldini, Claudio Bordignon, Francesca Pasinelli, Alessandro Aiuti, Maria Grazia Roncarolo, Fabio Ciceri, Giuliana Ferrari, Alessandra Biffi, Maria Ester Bernardo, Raffaella Di Micco e Alngelo Lombardo ci sarò anch’io a Milano, per raccontare passato, presente e futuro di questa avventura scientifica e umana di cui l’Italia può andare orgogliosa.

CRISPR per toast e fritti più salutari

Caffè, cereali per la colazione, biscotti. Pane tostato, cracker e snack di ogni tipo. Torte dolci e salate, pastella per friggere, patate fritte e al forno. La lista degli alimenti che contengono acrilammide è lunga e appetitosa. Il problema è che questa sostanza è potenzialmente cancerogena e si forma, durante la cottura ad alte temperature, da precursori presenti naturalmente in cereali, tuberi e altri vegetali. La soluzione, dunque, potrebbe essere il ricorso all’editing genomico per ridurre la presenza di uno di questi precursori: l’aminoacido asparagina. (Continua su AgriScienza)

CRISPR-PASTE incolla geni interi

Il modello classico di CRISPR, quello premiato con il Nobel nel 2020, taglia entrambi i filamenti del DNA grazie alle affilate forbici molecolari dell’enzima Cas9. Disattivando parzialmente le forbici e aggiungendo alla Cas9 un altro enzima (retrotrascrittasi, RT nella figura) qualche anno fa è stato inventato il “prime editing”, che è più accurato ma può cambiare al massimo qualche decina di lettere. Ora a questi due pezzi è stato assemblato un terzo elemento (LSR, che sta per grande ricombinasi a serina). Il nuovo strumento a tre blocchi potrebbe rivelarsi utile per curare le malattie genetiche in cui non basta correggere un piccolo refuso ma è necessario sostituire un gene nella sua interezza. (Continua su Osservatorio Terapie Avanzate)

Dai fagi ai borg, la nuova genetica è un inno a Darwin

Jill Banfield raccoglie un campione di acqua dall’East River in Colorado insieme a Kenneth Williams, per studiare la vita microbica dell’ecosistema. Da indagini come questa sono emerse le ultime sorprendenti scoperte: una nuova miniera CRISPR nei virus e una nuova classe di misteriose molecole in alcuni oscuri microrganismi del suolo (credit: Roy Kaltschmidt, Berkeley Lab)

La natura è la più grande inventrice: ha avuto miliardi di anni per fare esperimenti. Non c’è da stupirsi, dunque, che il mondo microbico sia sempre stato una fucina naturale di invenzioni biotech e continui a riservare sorprese ai genetisti. Questa volta ad accendere l’entusiasmo della comunità scientifica sono due lavori pubblicati da poco su Cell e su Nature dalla co-inventrice di CRISPR Jennifer Doudna e da un’altra scienziata di Berkeley che è considerata la più abile esploratrice della diversità molecolare microbica: Jill Banfield. Le loro strade si erano incrociate in modo fatale nel 2006, quando Doudna ha sentito pronunciare per la prima volta la parola CRISPR proprio dalla bocca della collega. (Continua su Osservatorio Terapie Avanzate)

La faccia più buia del genoma

Su Le Scienze di dicembre, ora in edicola, c’è una mia lunga ricognizione nell’ignoroma. Sì, avete letto bene: l’ignoroma è il genoma di cui ignoriamo tutto o quasi e ammonta a circa un terzo del totale. Li chiamano geni dark (oscuri) proprio perché sono sottostudiati, di solito infatti i ricercatori preferiscono concentrarsi su target più vicini al traguardo delle applicazioni cliniche. Ma tra questi elementi trascurati potrebbero nascondersi i farmaci blockbuster del futuro. Ne ho parlato con il bioinformatico danese Søren Brunak e con due vincitrici del primo bando Telethon dedicato al “dark genome”. Enza Maria Valente e Silvia Nicolis si occupano entrambe di genetica del neurosviluppo, anche se si concentrano su malattie differenti. [NB: tra gli strumenti utili per fare luce sui geni che sono ancora enigmatici, nonostante siano passati oltre vent’anni dal sequenziamento del genoma, ovviamente, c’è anche CRISPR]