LE DONNE DI CRISPR – foto e fatti

Possono aver perso l’ultimo round nella battaglia sul brevetto fondante della tecnologia, ma Jennifer Doudna ed Emmanuelle Charpentier saranno ricordate per sempre come le inventrici di CRISPR. In diverse occasioni la biochimica di Berkeley ha raccontato com’è nato il suo desiderio di diventare scienziata, quando era ragazzina. Ha detto anche che un consulente scolastico provò a scoraggiarla, quando seppe che voleva iscriversi a chimica al college: “Le ragazze non fanno scienza”. Qualche decennio e molti brillanti esperimenti dopo, nel 2020, è arrivato il più grande dei riconoscimenti, il Nobel, e vale la pena notare che quello di Doudna e Charpentier è il primo assegnato a una coppia di donne. La biochimica statunitense e la microbiologa francese (da diversi anni al Max Planck di Berlino) rappresentano degli splendidi esempi per le ragazze interessate alla scienza. E l’Istituto fondato da Doudna (IGI) intende promuovere la causa con un incubatore dedicato all’imprenditoria femminile nella genomica. In genetica si parla di effetto del fondatore quando in una popolazione sono diffuse caratteristiche particolari che erano casualmente presenti in chi l’ha fondata. Qualcosa di simile potrebbe essere accaduto anche alla scienza di CRISPR, un campo di ricerca aperto da due donne e che continua ad attrarre grandi talenti femminili. In occasione dell’8 marzo vi presentiamo una carrellata con alcune delle scienziate più brillanti che stanno contribuendo a realizzare le promesse dell’editing genomico. Per una colonna sonora a tema, suggeriamo il rap Women in CRISPR.

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Il CRISPR-test che distingue le varianti del coronavirus

Un lavoro pubblicato su Nature Medicine conferma la previsione fatta da Nature: la diagnostica basata sulle forbici genetiche CRISPR è una delle tecnologie emergenti del 2022.

La biologa computazionale del Broad Institute Pardis Sabeti si era già fatta notare durante l’emergenza ebola, al punto da entrare nella classifica delle persone più influenti di Time nel 2015. Questa scienziata di origine iraniana, specializzata nello studio della diversità e dell’evoluzione microbica, non poteva mancare l’appuntamento con il COVID-19. Il suo ultimo contributo, firmato insieme al genetista di Princeton Cameron Myhrvold, rappresenta un importante passo in avanti verso una nuova generazione di test diagnostici che ambiscono a essere più informativi della PCR e meno impegnativi del sequenziamento virale, grazie all’applicazione congiunta della microfluidica e della tecnica CRISPR. (Continua su Osservatorio Terapie Avanzate)