Bimbi editati e poli-selezionati: cosa sta succedendo?

Un’inchiesta del Wall Street Journal ha indagato sulle aziende della Silicon Valley che si stanno spingendo verso le frontiere più controverse della fecondazione assistita. Mescola due temi abbastanza diversi. Numero uno: la produzione di numerosi embrioni tra cui scegliere sulla base di un punteggio poligenico che comprende propensioni relative a centinaia di malattie e anche a una manciata di caratteristiche non-mediche desiderabili (ne avevamo scritto per la rubrica DuePunti sul magazine del Corriere, parlando in particolare della company Orchid). Numero due: l’editing genetico degli embrioni (detto anche editing ereditabile o editing germinale) di cui tante volte abbiamo parlato in seguito al caso delle CRISPR babies cinesi e che oggi sembra trovare nuovi spazi (la company più chiacchierata si chiama Preventive). La puntata odierna di Radio 3 Scienza parla soprattutto di questa seconda modalità, l’editing, con una scheda iniziale mia (Che fine hanno fatto Lulu e Nana?) e con interviste in diretta al pioniere della terapia genica Luigi Naldini e al bioeticista Maurizio Balistreri.

Poiché le puntate della trasmissione radiofonica restano online solo temporaneamente e la rubrica ha il paywall, riporto qui sotto il testo della scheda e quello dell’articolo.

CHE FINE HANNO FATTO LULU E NANA?

Da qualche parte in Cina stanno crescendo tre bambine molto speciali. Sono i primi esseri umani nati con il DNA geneticamente corretto con la tecnica CRISPR. Per questo vengono indicate con l’espressione CRISPR babies. Si tratta di due gemelline, che ci siamo abituati a chiamare con gli pseudonimi Lulu e Nana. Per la terza bimba invece non abbiamo nemmeno un soprannome. Non sono mai state diffuse le loro fotografie né alla nascita né dopo. Tutto ciò che sappiamo è che hanno tra i 6 e i 7 anni e che sono il frutto di un esperimento genetico che è stato condannato dalla quasi totalità della comunità scientifica e dei bioeticisti. Il suo artefice, il biofisico He Jiankui, sognava di diventare una star della scienza e invece è finito in un carcere cinese per 3 anni per un reato equiparabile all’abuso della professione medica. Il suo intento era far nascere dei bambini resistenti al virus HIV utilizzando la tecnica dell’editing genetico. Se vi sembra una buona idea vi sbagliate: non ha senso usare una tecnica di frontiera per prevenire un’infezione da cui ci si può difendere con mezzi convenzionali. Questione di rischi e benefici. Oltretutto, a giudicare dai pochi dati diffusi quando è esploso lo scandalo alla fine del 2018, l’esperimento non è nemmeno riuscito bene. Le bimbe potrebbero essere dei mosaici, con alcune cellule immuni al virus e altre no. Nel frattempo è calata una cortina di segretezza e dello stato di salute delle bambine non si sa nulla. Non ha ottenuto dati nemmeno l’Organizzazione mondiale della sanità, quando li ha chiesti al governo di Pechino. Se si chiede come stanno allo scienziato cinese responsabile, lui evita di rispondere invocando questioni di privacy. L’ultima volta ci ha provato la rivista Economist a febbraio e non ne hanno ricavato nulla. In definitiva ci troviamo in una situazione paradossale: viviamo nella società dell’informazione ma non abbiamo notizie aggiornate su un avvenimento di portata simbolica epocale. (Anna Meldolesi, Radio 3 Scienza, 13 novembre 2025)

CHE FIGLIO VUOI? ARRIVA LA SELEZIONE POLIGENICA

Cari aspiranti genitori, vorreste “il potere di proteggere i vostri figli prima che inizi la gravidanza?”. Sono decenni che parliamo di designer babies e bambini à la carte. L’estate 2025, però, ha segnato un cambio di passo, perché l’idea è stata rilanciata da Silicon Valley, con approcci e messaggi rinnovati, capaci (forse) di sedurre un maggior numero di persone. Il bambino perfetto resta un miraggio, ma le nuove tecniche di screening e computazione possono aiutare a scegliere dal campionario dei possibili discendenti quelli che sembrano ottimizzare i contributi genetici parentali. Il presupposto è rinunciare alla riproduzione naturale, per produrre molti embrioni in vitro (diciamo una quindicina per coppia) e sequenziarli. I potenziali genitori riceveranno una “pagella” per ciascuno dei figli in potenza e, con l’aiuto di un consulente, sceglieranno il “migliore”. Nel caso della company Orchid, i punteggi consistono in una sfilza di sì o di no per la presenza di 1.200 malattie monogeniche e una serie di numeri che fotografano la predisposizione a una dozzina di malattie multigeniche. Immaginiamo di credere all’oste che vuole venderci il vino. Personalmente tendo a farlo, perché tra gli investitori di Orchid c’è un veterano della genomica come George Church, ma dubitare è lecito, perché sia il protocollo di amplificazione del DNA sia gli algoritmi sono coperti da segreto. Comunque supponiamo che l’approccio funzioni. Se gli aspiranti genitori presentano familiarità per un problema specifico e non hanno obiezioni morali di fronte alla sovra-produzione di embrioni, può avere senso pagare il pegno (fisico ed economico) della fecondazione assistita con screening spinto (solo i test costano 2.500 dollari a embrione). I benefici però si riducono per una coppia fertile e non particolarmente a rischio. Anche perché una volta scartati i positivi alle patologie monogeniche, nessun embrione risulterà perfetto e bisognerà scegliere tra propensioni diverse (a titolo esemplificativo: meglio rischiare un po’ con la schizofrenia per rischiare meno con il diabete o viceversa? L’ansia sale solo a pensarci). Eppure la company presenta i suoi servizi come un’opzione che ogni donna dovrebbe considerare, così come può scegliere l’epidurale o il parto a domicilio. Da quando il primo Orchid Baby è nato nel 2023, sono partite le collaborazioni con un centinaio di cliniche. In scia, poi, si sono messe company più disinvolte. La Nucleus, in particolare, offre punteggi poligenici anche per caratteristiche non mediche come altezza o QI. L’affidabilità di certe previsioni probabilistiche è tutta da dimostrare, ma l’offerta c’è e resta da capire quanto forte sarà la domanda. Pur essendo una tecno-ottimista, stavolta mi sento di frenare. (Anna Meldolesi, 7-Corriere della Sera, 26 settembre 2025)

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