Embrioni umani editati. Perché sì e perché no.

MITALIPOV

L’exploit annunciato ieri da Nature segna un miglioramento delle performance di CRISPR sugli embrioni umani abbastanza consistente da poter dire che sì, un giorno l’editing della linea germinale probabilmente diventerà un’opzione praticabile. Insomma si potranno correggere alcune malattie genetiche (almeno quelle causate da una singola mutazione) non solo nel singolo individuo modificato ma anche nella sua progenie, in un colpo solo. Anche se è bene dire chiaramente che l’idea che si potranno cancellare le malattie genetiche dalla faccia della Terra è destinata a restare una fantasia, come ha ben spiegato Eric Lander al Summit di Washington del 2015 e come racconto nel mio libro. In breve per le patologie con una base genetica semplice si può trovare quasi sempre un’altra soluzione senza ricorrere all’editing della linea germinale (la diagnosi genetica preimpianto), mentre per le malattie complesse il gioco appare troppo complicato. Ciò detto i risultati raggiunti da Shoukhrat Mitalipov e colleghi sono entusiasmanti in termini di efficienza e precisione: la scienza di CRISPR cammina con gambe sempre più solide e veloci. Quanto alla bioetica dell’esperimento, è il caso di sgombrare il campo dalle formule abusate. Non si tratta di eugenetica (parola che secondo lo storico della scienza Francesco Cassata andrebbe abbandonata perché così compromessa dal punto di vista ideologico da risultare inutile in un dibattito onesto e costruttivo). Non c’entra nulla Hitler, anche se fa tenerezza pensare che la co-inventrice di CRISPR Jennifer Doudna lo sogni nei suoi incubi, come racconta nel suo libro. Lasciamo stare anche l’argomento del pendio scivoloso, che ci farebbe scivolare verso cose già sentite. Mettiamo in campo i fatti, che Science ci ha fatto la cortesia di mettere bene in fila.

Mitalipov ha faticato non poco a convincere la Oregon Health and Science University (OHSU) a dargli il via libera: la proposta di usare CRISPR per correggere una mutazione del gene MYBPC3 che può causare l’arresto cardiaco l’ha fatta al board istituzionale dell’OHSU 3 anni fa. Per esaminarla sono stati istituiti due comitati, uno etico e uno scientifico. Alcuni dei membri si sono detti contrari e altri favorevoli. Per quali ragioni si può essere contrari?

Chi ritiene che gli embrioni umani siano inviolabili fa presto a rispondere. Anche chi pensa che sia inaccettabile pagare delle donne affinché forniscano degli ovociti per la ricerca può fermarsi qui e smettere di leggere. Ma gli altri, quelli che cercano faticosamente un compromesso tra i diritti di tutti i soggetti coinvolti, quelli che soppesano le ragioni della ricerca e le speranze dei malati, e magari vorrebbero ridurre l’uso degli embrioni al minimo indispensabile invece di proibirlo? La prima obiezione che si poteva muovere è caduta col senno di poi. I risultati ottenuti precedentemente in Cina sembravano indicare che la tecnica fosse ancora troppo acerba, ma gli stratagemmi di Mitalipov le hanno fatto compiere un balzo in avanti: inserendo nell’ovocita le componenti del sistema CRISPR già belle e pronte, anziché il DNA che le codifica, e facendolo precocemente, contestualmente alla fecondazione anziché qualche ora dopo, all’apparenza si sono evitate mutazioni fuori bersaglio ed è stato risolto anche il problema del mosaicismo. Ma per seguire questa strada non si possono usare gli embrioni sovrannumerari, che restano inutilizzati nelle cliniche di fecondazione assistita, bisogna crearli ad hoc. Molti (ma non tutti) pensano che dal punto di vista bioetico questo faccia una grossa differenza: da una parte si tratta di sacrificare embrioni destinati comunque a non nascere, dall’altra di crearli per poi distruggerli.

Seconda obiezione: se la probabilità di trasmettere la mutazione di genitore in figlio è del 50%, perché un portatore del difetto sul gene MYBPC3 dovrebbe scegliere l’opzione dell’editing del genoma (con le incognite che ancora comporta dal punto di vista della sicurezza), anziché cercare tra gli embrioni prodotti con la fecondazione assistita quelli che non hanno ereditato la mutazione? Mitalipov risponde che scartare il 50% degli embrioni portatori del difetto è moralmente sbagliato, se quel difetto può essere corretto. Personalmente trovo questo ragionamento poco convincente, perché mi sembra una capriola e farsi carico del destino di tutti gli embrioni prodotti con la procreazione medicalmente assistita è francamente impossibile. Sono più vicina alle posizioni di chi, come Luigi Naldini di Telethon, fa notare che l’editing della linea germinale può essere l’unica chance per avere un figlio sano nel caso in cui un gene difettoso sia presente in doppia. Si tratta di eventualità estremamente rare, certo. Ma il fatto che queste persone siano poche non vuol dire che non meritino un aiuto dalle nuove tecnologie che si rendono via via disponibili.

Nello specifico, questo esperimento non avrebbe potuto essere finanziato con risorse federali negli Stati Uniti, perché comporta la creazione e la distruzione di embrioni, ma è legale in USA purché si trovino altri fondi. In questo caso fondi istituzionali dell’OHSU, donazioni di tre charities ai collaboratori del Salk Institute for Biological Studies di San Diego e, per i collaboratori coreani e cinesi, denaro federale o regionale. Personalmente alle contraddizioni del modello americano preferisco la trasparenza del modello inglese, che non pone divieti assoluti ma rilascia autorizzazioni con il contagocce, procedendo caso per caso.

(Nella foto: embrioni umani editati con CRISPR, appena fecondati a sinistra e allo stadio di otto cellule a destra)

 

2 pensieri su “Embrioni umani editati. Perché sì e perché no.

  1. Non ci vedo grosse contraddizioni nel modello americano, semplicemente si ritiene che questo genere di questioni morali sia individuale e non deciso per imposizione di una morale superiore (come avviene in Inghilterra), ma si riconosce anche il diritto a chi è contrario di non finanziare con le sue tasse qualcosa che non condivide.

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  2. I Cinesi potrebbero sdoganare queste tecnologie. Meno legati a religioni e moralismi dell’occidente, in futuro potrebbero contribuire a trattare molte malattie e condizioni di infermità

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