
Elementare Watson, c’era da aspettarselo. L’effetto CRISPR è arrivato anche in campo diagnostico, portando in regalo una nuova piattaforma capace di identificare le infezioni in modo sensibile e specifico. Si chiama Sherlock, un acronimo ingegnoso che ricorda il celebre detective nato dalla penna di Arthur Conan Doyle (la sigla vuol dire “Specific High Sensitivity Enzymatic Reporter UnLOCKing”). Dopo aver dimostrato la sua versatilità nell’editing dei genomi, mentre tanti laboratori in tutto il mondo usano questa tecnica per accendere e spegnere i geni, dunque, CRISPR si mette anche al servizio dell’epidemiologia, per identificare gli acidi nucleici di virus e batteri patogeni. Lo studio, pubblicato su Science dal gruppo di James Collins e Feng Zhang, del Broad Institute a Cambridge, promette una nuova generazione di test a basso costo, rapidi e facili da utilizzare quando esplodono nuovi focolai epidemici, anche nelle aree più remote del pianeta.
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