Le dita di zinco agguantano CRISPR. È derby?

sangamo tweetQuesta settimana è arrivata la notizia del primo paziente editato “in vivo” (non “ex vivo”, vedi nota sotto). Editato sì, ma non con CRISPR, con una nucleasi a dita di zinco (ZFN). Ma come, una tecnica quasi dimenticata ruba la scena alla regina del’editing? E’ un po’ come se il figlio del vento Carl Lewis (campione degli anni ’80 e ’90) avesse battuto Usain Bolt. Non il Bolt dei Mondiali di Londra, quello delle Olimpiadi di Rio. In qualche caso la stampa ha giocato sull’equivoco, e bisognava arrivare quasi in fondo agli articoli per capire quale sistema era stato usato su Brian Madeux, per cercare di trattare la sua sindrome di Hunter. Insomma in un certo senso la breaking news di questa settimana ha sfruttato il traino mediatico di CRISPR, pur riguardando una tecnologia diversa che molti consideravano ormai sul viale del tramonto. E su twitter per un po’ ha tirato aria di derby.

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L’editing genomico non è certo nato con CRISPR, ma è con CRISPR che ha spiccato il volo, arrivando in migliaia di laboratori e sulle copertine delle riviste, scientifiche e non. Ad aprire le danze è stato il Nobel Mario Capecchi con il suo “gene targeting” alla fine degli anni ’80, negli anni ’90 sono arrivate le nucleasi a dita di zinco (chiamiamolo pure editing di prima generazione), nel decennio successivo è stata la volta di TALEN (seconda generazione) e dal 2012 è scoppiata la CRISPR-mania. Ogni tecnica ha i suoi pro e i suoi contro, come spiego nel libro “E l’uomo creò l’uomo”. TALEN è più efficiente di ZFN, ma è anche più ingombrante. CRISPR non ha un dominio di riconoscimento del DNA lungo come quello di TALEN e non è piccola come la tecnologia a dita di zinco, quindi non è nata precisa come la prima e nemmeno facile da veicolare come la seconda. In compenso è molto più semplice da programmare, è l’unica multiplexabile (insomma utilizzabile in contemporanea su geni diversi) ed è in rapidissima evoluzione. Senza contare che ZFN è praticamente monopolizzata da una singola company, la Sangamo, mentre la ricerca pubblica e no-profit finora non ha trovato ostacoli per l’utilizzo di CRISPR.

Resta da capire se mentre tutti seguivamo da vicino i progressi di CRISPR (dalle varianti ad alta fedeltà agli ultimi arrivati, i base-editor), anche ZFN si è evoluta in qualcosa di nuovo. In questo caso sarebbe stato il figlio di Carl Lewis a rubare la scena al mitico Bolt. Nell’attesa che ai comunicati stampa facciano seguito i paper scientifici, oltre che CRISPeR-maniaca mi dichiaro temporaneamente ZFN-fan. Intanto, visto che ci sono, chiedo agli esperti di atletica: si intravede già all’orizzonte un erede degno di Bolt?

(NB: i trattamenti ex vivo sono quelli in cui le cellule sono prelevate dal paziente, manipolate e infine reintrodotte, mentre i trattamenti in vivo sono eseguiti direttamente nell’organismo e ne è già stato effettuato qualcuno sia con ZFN che con CRISPR)

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