Supponiamo di aver messo a punto l’arma vincente per battere alcune malattie genetiche, correggendo in modo preciso e affidabile le mutazioni che le causano. Resta pur sempre un problema: come la trasportiamo sul campo di battaglia, dentro alle cellule malate? L’arma è il sistema di editing genomico CRISPR, e il cargo più efficiente mai provato è una nanoparticella lipidica. Questo approccio è stato descritto in un esperimento pubblicato su Nature Biotechnology e ha battuto il record dell’efficienza per l’uso di CRISPR in animali adulti: ben l’80% delle cellule dell’organo bersaglio (il fegato) sono state modificate con successo.
Hao Yin, Daniel Anderson e i loro colleghi del Massachusetts Institute of Technology hanno lavorato sul topo, intervenendo su un gene che regola i livelli del colesterolo (Pcsk9) ed è responsabile di una malattia rara detta ipercolesterolemia familiare dominante. Questo gene può essere inibito anche in modo più convenzionale, ma il trattamento deve essere somministrato per tutta la durata della vita. Un intervento genetico, invece, avrebbe il vantaggio di risolvere il problema in un colpo solo. Il gruppo di Anderson lavorava da anni all’idea di usare delle nanoparticelle al posto dei virus, che sono i vettori tradizionalmente impiegati per la terapia genica. Uno dei problemi dei virus, infatti, è che possono essere utilizzati una sola volta, dopo di che il paziente sviluppa degli anticorpi che li neutralizzano. Se il soggetto ha già incontrato quel virus, il trattamento non funziona. Il sistema CRISPR ha due componenti principali: una proteina capace di tagliare il DNA detta Cas9 e una guida di RNA che le consente di identificare il bersaglio prescelto lungo il genoma. I ricercatori, dunque, hanno dovuto iniettare delle nanoparticelle in cui era impacchettato l’RNA messaggero con le istruzioni per fabbricare la proteina e delle altre nanoparticelle con l’RNA guida, opportunamente modificato per arrivare integro a destinazione nonostante l’attacco degli enzimi presenti nell’organismo. Il risultato è stato che il gene bersaglio ha smesso di esprimersi e i livelli di colesterolo sono scesi del 35% negli animali trattati. Il prossimo passo sarà provare a ripetere l’exploit con altre malattie del fegato.
Il mese scorso aveva fatto notizia uno studio pubblicato da un altro gruppo su Nature Biomedical Engineering, in cui era stata riparata una mutazione legata alla distrofia muscolare di Duchenne sempre nel topo e sempre con l’aiuto di vettori non virali. Questa volta però non si trattava di nanoparticelle fatte di lipidi, ma d’oro. I ricercatori sono riusciti a far aderire i componenti del sistema CRISPR al prezioso metallo, legandoli l’un l’altro. Il complesso così creato, ribattezzato CRISPR-Gold, è stato iniettato localmente. Nei muscoli trattati, la mutazione è risultata corretta nel 5% delle copie del gene (senza le palline d’oro non si arriva all’1%) con effetti positivi per la funzione muscolare.
(Foto MIT News)