
Ci perdonerà Drew Weissman, ma questo passerà alla storia soprattutto come il Nobel di Katalin Karikó. E forse oltre a essere un premio da festeggiare, è anche un premio che dovrebbe farci arrabbiare. Perché la storia di questa scienziata è troppo straordinaria, per tutti gli ostacoli che ha dovuto affrontare e superare. Si dice sempre che le ragazze hanno bisogno di scienziate modello a cui ispirarsi, Karikó è un bellissimo modello ma speriamo sinceramente che non debba essere di esempio a nessuna, perché non è giusto che una ricercatrice di questo calibro sia stata costretta alla precarietà per decenni e non abbia potuto contare su una cattedra stabile negli Stati Uniti dove si è trasferita dall’Ungheria negli anni ’80 (all’Università della Pennsylvania risulta “adjunct professor”).
La sua vita fin troppo eccezionale viene raccontata in questa autobiografia fresca di stampa, che speriamo sia tradotta presto anche in italiano. L’inventrice di CRISPR Jennifer Doudna l’ha commentata così: “un’avvincente testimonianza di resilienza e del potere di una fede incrollabile”. Ma i commenti più forti li ha fatti il biologo computazionale Michael Eisen su X: “Non per fare il rompiscatole, ma assegnare un Nobel per un lavoro che non è stato preso sul serio per decenni solo dopo che ha dimostrato di avere un valore incredibile è una condanna totale del sistema dei premi e dell’intera cultura della scienza accademica moderna”. E ancora: “Non è così complicato. Possiamo e dobbiamo allo stesso tempo celebrare la dottoressa Karikó per le sue idee e la sua perseveranza di fronte alle avversità, riconoscendo al contempo che ci è riuscita nonostante noi, e rendendoci conto che è nostro dovere fare tutto il possibile perché non accada mai più”.