Il primo trapianto di cuore da maiale CRISPR a uomo

Photo Credit: Maryland School of Medicine

Quattro geni suini disattivati più sei correzioni genetiche aggiunte. È fatto così l’organo di maiale geneticamente umanizzato trapiantato in un americano di 57 anni senza altre opzioni terapeutiche. L’intervento sperimentale è avvenuto presso l’University of Maryland Medical Center il 7 gennaio e il ricevente è sotto stretta osservazione.  

Sono passati solo pochi mesi dal primo trapianto animale-uomo (xenotrapianto) dell’era CRISPR e le differenze tra i due interventi sono notevoli. Lo scorso settembre si era trattato di un rene di maiale, con un solo gene disattivato, collegato esternamente a una donna in stato di morte cerebrale. Questa volta è un cuore, con dieci modifiche genetiche, che batte nel petto di un paziente vivo.

L’ultimo bollettino disponibile nel momento in cui scriviamo non rivela segni di rigetto acuto. Ma nessun trapianto può offrire garanzie di successo, nemmeno se donatore e ricevente appartengono alla stessa specie. Figuriamoci se si tratta di un organo animale (xeno-organo) trasferito in una persona in condizioni così gravi da non avere alcuna possibilità di qualificarsi per ricevere un cuore umano.   

“So che è un salto nel buio. Ma è la mia ultima chance”, ha detto il paziente David Bennett, secondo quanto riportato nel comunicato stampa dell’ospedale. L’intervento sperimentale, eseguito dal direttore del programma per i trapianti cardiaci del centro Bartley Griffith, ha avuto il via libera per uso compassionevole dalle autorità competenti (Food and Drug Administration). È avvenuto con un regime farmacologico anti-rigetto mai testato prima e con il modello più avanzato di cuore sviluppato dalla società biotech Revivicor, non ancora autorizzato per l’uso nel quadro di una regolare sperimentazione clinica.

Gli specialisti chiamano TKO (triplo knock-out) i maiali in cui sono stati spenti i tre geni più importanti per evitare il rigetto immediato perché responsabili di alcune caratteristiche molecolari della superficie cellulare che il sistema immunitario umano riconosce subito come estranee. Il primo bersaglio, e il più importante, è l’α-Gal, già disattivato nei maiali GalSafe, gli unici approvati finora dall’Fda per il consumo umano da parte di pazienti con una grave allergia.

Ma lo xeno-cuore utilizzato nei giorni scorsi ha anche un quarto gene spento (relativo all’ormone della crescita), per contenere le dimensioni dell’organo una volta trapiantato. Inoltre il maiale donatore aveva subito altre modifiche che dovrebbero favorire l’accettazione nel ricevente umano perché coinvolte nella coagulazione e in particolari reazioni del sistema immunitario (attivazione del complemento).

Prima di provare questo approccio in un paziente, naturalmente, sono stati raccolti dati con la sperimentazione animale, trapiantando cuori di maiali geneticamente modificati in primati non umani. Gli xeno-organi hanno dimostrato di poter funzionare per mesi.

L’annuncio arrivato dal Maryland, comunque, ha riacceso un dibattito che per anni era rimasto in sordina. Gli attivisti per i diritti degli animali si oppongono all’idea che un’altra specie possa diventare un serbatoio di organi da trapianto e invitano a trovare altre soluzioni.

Dal mondo della bioetica è risuonata per prima la voce di Arthur Caplan, della New York University School of Medicine, che esprime qualche perplessità: secondo lo studioso non disponiamo ancora di tutte le informazioni necessarie per fugare ogni dubbio sulla completezza del consenso informato e sull’opportunità di procedere a questo intervento in una fase ancora acerba della ricerca sugli xenotrapianti.

Ma migliaia di persone muoiono ogni anno aspettando di scalare posizioni nelle lunghe liste d’attesa per ricevere un organo e la comunità scientifica attende con impazienza aggiornamenti su un intervento che, qualunque sarà l’esito, entra di diritto nella storia della medicina.

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