Wired di aprile dedica la copertina alle promesse dell’uso di CRISPR in zootecnia, concentrandosi in particolare sugli esperimenti in corso all’Università della California a Davis. Qui Alison Van Eenennaam sta cercando di alterare le caratteristiche sessuali dei bovini, prendendo di mira un singolo gene detto SRY.
Gli ostacoli sono ancora notevoli, anche dal punto di vista regolatorio. “Il dibattito sull’ingegneria genetica ha ucciso la mia carriera. Ora quello sull’editing potrebbe uccidere quella dei miei studenti”, teme Van Eenennaam. Se accadesse sarebbe un peccato perché, controllando la determinazione del sesso degli animali, le industrie avicola e casearia potrebbero mettere fine all’eliminazione dei maschi indesiderati.
Nature invece si sofferma su un’altra storia, che ha per protagonisti dei tori capaci di produrre sperma per conto di altri maschi. Questi padri (i surrogati) hanno la propria produzione di seme disattivata con l’editing genomico. Lo sperma che producono deriva da precursori cellulari ricevuti da altri padri (i donatori delle staminali).
“L’obiettivo è diffondere geni per tratti utili, come la resistenza a malattie o la tolleranza al caldo, attraverso una popolazione di animali in meno generazioni rispetto agli incroci convenzionali”. E anche aiutare gli sforzi per conservare le specie in cui è difficile mantenere stock di sperma. Gli scienziati sono interessati anche a creare delle galline surrogate che facciano uova per conto di altre madri, per migliorare la produzione o favorire la conservazione di uccelli a rischio.
Le incertezze burocratiche e la scarsità dei finanziamenti, comunque, stanno già convincendo alcuni esperti statunitensi a cercare fortuna all’estero insieme ai loro animali editati. Come aveva riferito recentemente un altro pezzo di Nature, le mete prescelte sono i paesi più interessati (e pronti a deregolamentare) come Brasile e Argentina.