Mostri CRISPR e popcorn: tutti al cinema!

Rampage

Lo dico subito: a me è piaciuto e non sono affatto preoccupata che tanta gente impari la parola CRISPR guardando questo film di Brad Peyton, pieno di esagerazioni e di devastazioni. Perché un po’ di divertimento non ha mai ucciso nessuna tecnologia. E perché, pur essendo a tutti gli effetti un popocorn movie, questo film è meno banale di quel che potrebbe sembrare dal trailer.

Punto numero uno: il protagonista del film è un gran bel testimonial. Non parlo del roccioso Dwayne Johnson, che qui veste i panni del primatologo, ma del suo amico non umano: George. Certo, questo gorilla albino editato per errore, in seguito a un incidente di laboratorio avvenuto sulla Stazione spaziale, è fisicamente mostruoso. Ma è soprattutto spiritoso, commovente, carismatico e spiritoso (è bene ripeterlo, perché fa ridere davvero). Il bello è che resta tale anche dopo aver inalato il trattamento sperimentale a base di CRISPR, nonostante la furia distruttiva che lo coglie. Punto numero due: gli stereotipi ci sono, ma non sono del peggior tipo possibile. Il cattivo del film è il solito bioimprenditore senza scrupoli, ma al femminile. E questa biotech lady è così fumettistica da sembrare una giovane e avvenente Crudelia De Mon con i topi di laboratorio al posto dei dalmata. Da incorniciare la scena della sua dipartita (no spoiler). Quanto agli scienziati, se non altro sono invertiti i ruoli di genere. Di solito alle donne vengono assegnate le discipline scientifiche più soft (la botanica in Jurassic Park, l’antropologia in Avatar, la linguistica in Arrival). Qui invece la genetista è femmina e il primatologo è maschio, e nessuno dei due è bianco. Punto numero tre: le citazioni cinematografiche abbondano, da Odissea nello spazio a King Kong a Godzilla (aggiungerei anche Avatar, per i delicati sentimenti che uniscono protagonisti fisicamente tanto sproporzionati tra loro). Quanto alla scienza, ce n’è davvero poca ed è riconducibile a un immaginario pre-CRISPR, perché le vere peculiarità dell’editing genomico (che può essere estremamente mirato e minimale) sono del tutto assenti, e siamo piuttosto di fronte a un’ingegneria genetica elevata all’ennesima potenza. Lo stesso animale viene geneticamente potenziato con l’aggressività e la crescita indefinita degli squali, la velocità di crescita delle balenottere, la rapidità di movimento dei ghepardi, il senso per l’ecolocalizzazione dei pipistrelli, le super-capacità rigenerative di una specie che non riesco a ricordare (se qualcuno dei miei lettori sa, batta un colpo). La recensione sarebbe incompleta se non riportassi la frase che occupa l’intero schermo all’inizio del film (cito a memoria). “Nel 1993 una nuova rivoluzionaria tecnologia chiamata CRISPR ha aperto agli scienziati la strada per trattare malattie incurabili attraverso l’editing genetico. Nel 2016, a causa del suo possibile utilizzo malevolo, l’Intelligence americana l’ha dichiarata un’arma di distruzione di massa”. Ovviamente l’anno in cui CRISPR è stata inventata non è il 1993, ma il 2012, o volendo il 2013 (a seconda che vogliate attribuire il merito a Jennifer Doudna o a Feng Zhang, che si contendono il brevetto fondante). Ma presumibilmente la retrodatazione ventennale serve a dare il tempo alla rivoluzione fantascientifica di concretizzarsi, con cure miracolose e incidenti fatali. Quanto alla rivoluzione scientifica vera, questo blog ne fa la cronaca ogni settimana, per il bilancio storico  (guarda caso) potrebbero volerci vent’anni ma sono pronta a scommettere due biglietti per il cinema che di mostri CRISPR non ce ne saranno ancora.

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