Qualche artista interessato a servirsi di CRISPR per esplorare il confine tra biologia e arte c’è già, ma la verità è che finora sono stati degli scienziati a sviluppare le potenzialità artistiche della genetica nel modo più raffinato e sorprendente. A suo tempo la notizia del coniglio fluorescente del bio-artista brasiliano Eduardo Kac, geneticamente modificato per emettere un debole bagliore verdastro quando si trovava al buio, grazie all’inserzione di un gene di medusa, fece il giro del mondo suscitando polemiche. In tanti si chiesero: è arte? Probabilmente sì. Ma per me ogni dubbio scompare di fronte al capolavoro presentato la settimana scorsa su Nature.
Non solo la scienza sottostante è incomparabilmente più complessa. Anche l’idea è ben più affascinante: rievocare gli albori dell’arte cinematografica facendo galoppare un cavallo in una popolazione batterica. C’è riuscito il gruppo di George Church, ad Harvard, e per farlo ha scelto una sequenza di immagini di fine ‘800, di grande eleganza e valore storico, tratte dalla serie sulla locomozione del fotografo britannico Eadweard Muybridge. Qualche anno fa sempre Church era stato il primo a scrivere un libro intero col DNA. Voleva farlo con “Moby Dick”, poi ripiegò sul proprio testo di divulgazione della biologia sintetica (“Regenesis”) e fu un grande errore, almeno per me. Perché l’exploit tecnico rimase ma andò perduta tutta la poesia. La nuova impresa è ancor più strabiliante dal punto di vista tecnico: tradurre i pixel di una sequenza di immagini nel linguaggio chimico del DNA, inserirli uno dopo l’altro come i fotogrammi di una pellicola di celluloide sfruttando la precisione cronologica con cui il sistema CRISPR archivia i segmenti nel genoma microbico, riuscire a riprodurre quel minuscolo cripto-film giorni dopo, estraendo le informazioni genetiche dai batteri che nel frattempo si sono divisi in cellule figlie. Un vero esempio di virtuosismo. Per gli scienziati, comunque, non è stato soltanto uno sfoggio di bravura e nemmeno un semplice divertissement fine a se stesso. Quel cavallo che galoppa rappresenta una prova di principio, la dimostrazione che un giorno forse riusciremo a costruire dei registratori cellulari, capaci di conservare memoria di quanto accade nelle cellule che si vogliono studiare. Ma per una volta l’entusiasmo per le futuristiche applicazioni nel campo della ricerca viene superato, almeno in me, dal senso antico della meraviglia. Quel cavallo che galoppa rappresenta il ribaltamento di ogni proporzione e di ogni gerarchia: è il grande dentro al piccolo, l’elegante nel primitivo, il mammifero nel batterio. Assomiglia all’incanto che provo guardando le geometrie colorate che si compongono nel caleidoscopio di quando ero bambina. Rievoca lo stupore che oltre un secolo fa devono aver provato i contemporanei di Muybridge rimirando il suo zooprassiscopio, con le immagini fotografiche che girando dentro alla lanterna magica animavano piccole storie in movimento. Questa volta la scienza si è fatta magia. Anzi arte.
Dottoressa, mi scusi non mi é chiaro, immagino per la mia ignoranza in scienze dell’informazione.
L’informazione quindi é stata registrata sulla serie di basi del DNA batterico, ma se non mi sbaglio il livello più basale del codice é fatto di 0 e 1. Quindi alcune basi sono state “considerate” 0 e altre 1?
Grazie e saluti
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Grazie per la domanda, che mi offre la possibilità di spiegare il tipo di codice usate in questo esperimento. Dapprima hanno usato le 4 basi per specificare 4 tonalità di bianco-nero. Poi una strategia flessibile con 21 tonalità specificate attraverso un codice di triplette di basi.
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