Salvataggi genetici per la biodiversità? Avanti con cautela

Photo©IUCN/Andrew McConnell/Workers Photos

L’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN) ha respinto la richiesta di moratoria e approvato una risoluzione che riconosce rischi e benefici delle tecniche SynBio, auspicando valutazioni caso per caso

Il congresso dell’IUCN che si è concluso la scorsa settimana negli Emirati Arabi è stato un evento contrassegnato da grandi numeri. Questo organismo, noto soprattutto perché stila la lista delle specie a rischio di estinzione, conta oltre 1.400 membri di 160 paesi (tra governi, organizzazioni non governative e rappresentanze dei popoli indigeni). Nell’appuntamento di Abu Dhabi, in particolare, sono stati coinvolti diecimila partecipanti, in oltre mille eventi, approvando 148 risoluzioni che influenzeranno (in modo non vincolante) le strategie di conservazione della natura per i prossimi decenni. Ma l’incontro di quest’anno sarà ricordato soprattutto per il voto che ha respinto il tentativo di dozzine di Ong di dichiarare una moratoria sulle applicazioni della “biologia di sintesi” (SynBio) negli ecosistemi naturali e nei contesti agrari e industriali che comportano possibili rischi per l’ambiente. È stata approvata, invece, una mozione cautamente aperturista, che mira a sviluppare le potenzialità delle soluzioni genetiche senza rinunciare alla prudenza.

La definizione di base è la stessa della Convenzione sulla Diversità Biologica e presenta la biologia di sintesi come “un ulteriore sviluppo e una nuova dimensione delle biotecnologie che combina scienza, tecnologia e ingegneria per facilitare e accelerare la comprensione, la progettazione, la riprogettazione, la produzione e/o modificazione di materiali genetici, organismi viventi e sistemi biologici”.

Possono rientrare sotto questo ombrello i progetti di de-estinzione di specie scomparse, come i famigerati “metalupi” che hanno suscitato tante polemiche. Altri esempi possiamo attingerli dalla lettera aperta firmata da molti scienziati contrari alla moratoria. Un’applicazione già esistente delle tecniche SynBio che sta contribuendo a proteggere una specie a rischio consiste nello sviluppo di un’alternativa sintetica al sangue dei limuli, organismi dall’aspetto preistorico che producono un pigmento utile all’industria farmaceutica per testare farmaci e vaccini. Altre applicazioni in fasi più precoci di studio sono: i batteri geneticamente ingegnerizzati per combattere lo sbiancamento dei coralli grazie alla resistenza ai patogeni o al riequilibrio microbico nelle barriere coralline sotto stress; i roditori geneticamente modificati per controllare le popolazioni di specie aliene che invadono le isole; l’editing genetico per rendere gli anfibi più resistenti a infezioni fungine letali; le comunità microbiche ingegnerizzate o sintetiche progettate per favorire la resilienza delle piante ai cambiamenti climatici.

Le soluzioni convenzionali da sole non bastano per affrontare la crisi della biodiversità, scrivono gli scienziati anti-moratoria: “Con il declino della natura che procede a ritmi senza precedenti, non è il momento di arretrare davanti alle soluzioni audaci, ma di portarle avanti in modo responsabile e collaborativo”. E ancora: “Sosteniamo con convinzione il principio di precauzione, ma non può coincidere con l’inazione”. Un documento di impostazione contraria, firmato da ricercatori ostili alle “biotecnologie genetiche” era stato presentato per invocare lo stop di ricerche dalle “conseguenze imprevedibili”.  

Vale la pena notare che in passato, nel 2016 e nel 2018, una specifica applicazione era stata bersaglio di due richieste di moratoria, entrambe respinte nei summiti della Convenzione sulla Diversità Biologica. Parliamo dei gene drive, che sono stratagemmi genetici auto-replicanti progettati per portare all’estinzione programmata (o almeno al drastico contenimento) di specie nocive come le zanzare che veicolano la malaria.

Il processo deliberativo seguito dall’IUCN è degno di nota. Come spiega il comunicato stampa ufficiale, tutto è iniziato con la prima assemblea di cittadini convocata dall’Unione, composta da rappresentanti delle diverse aree geografiche, che hanno partecipato a un training intensivo, seguito da una settimana di discussioni. Le raccomandazioni così prodotte sono confluite nei materiali a disposizione di un apposito working group, le cui conclusioni sono passate attraverso due giri di peer-review all’interno dell’IUCN, ricevendo centinaia di commenti. Alla fine l’assemblea generale dell’Unione ha adottato la mozione aperturista e ha respinto la mozione di divieto.

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