Mai assaggiate le ciliegie di terra? Ci pensa CRISPR

physalis

Le bacche di Physalis sono più grandi di un mirtillo, più piccole di un acino d’uva. Assomigliano a biglie dorate. Chi le ha assaggiate dice che hanno un gusto unico, a metà strada tra ananas e arancio. C’è da scommettere che diventeranno le prossime super-berry di tendenza, se Zachary Lippman riuscirà nell’impresa di domesticare questi frutti, deliziosi ma ancora selvatici, con qualche colpo di CRISPR.

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Zachary Lippman

In italiano si chiamano alchechengi e crescono dentro a sottili gusci a forma di lanterna, maturando uno per volta, lentamente, su piante a portamento arbustivo diffuse tra nord e sud America. I Nativi Americani raccoglievano queste “ciliegie di terra” per farne delle salse, i coloni europei le hanno coltivate in giardino. Ma non essendo state domesticate restano una rarità, che si può trovare soltanto in alcuni negozi gourmet o, essiccate, in erboristeria. Ne parla Carl Zimmer nel suo libro – She Has Her Mother’s Laugh: The Powers, Perversions, and ZimmerPotential of Heredity – nel capitolo dedicato a CRISPR. Zimmer è andato nel laboratorio di Cold Spring Harbor dove Lippman lavora per dare un futuro commerciale agli alchechengi, sfruttando le conoscenze acquisite sulla biologia dei loro parenti più stretti, i pomodori. In origine, prima che gli agricoltori li trasformassero a forza di incroci e mutazioni, anche i frutti succosi che oggi usiamo per condimenti e insalate erano soltanto delle piccole bacche. Il problema è che mentre i pomodori hanno due copie di ogni gene, la Physalis ne ha quattro e, per introdurre un nuovo tratto, bisogna modificarle tutte. Con il breeding tradizionale sarebbe impossibile, per fortuna c’è CRISPR, che è capace di correggere molteplici copie in una volta sola. Il genetista americano, in effetti, è già riuscito ad aumentare il numero delle sezioni del frutto, da cinque a sette, accrescendone le dimensioni come era stato fatto a suo tempo con il pomodoro comune. Il prossimo passo sarà controllare i tempi di maturazione, in modo che sia possibile raccogliere le bacche tutte insieme, poi si penserà ad anticiparne la produzione modificando la risposta della pianta alla luce, e magari a standardizzarne l’altezza in modo che la raccolta possa avvenire con l’aiuto di qualche macchinario. Dopo aver provato le nuove caratteristiche separatamente, dovrebbe essere possibile editarle tutte insieme, in un colpo. Se funzionasse, sarebbe una vera e propria domesticazione, compiuta non nel corso di secoli e di millenni, ma nel giro di una stagione.

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