I primi coralli CRISPR per studiare (e salvare) la barriera

coral bleachingNon sono i super-coralli geneticamente editati che, nei sogni di qualche visionario, potrebbero ripopolare il grande reef danneggiato dai cambiamenti climatici. Ma sono comunque i primi polipetti di Acropora millepora corretti con CRISPR. Hanno debuttato sull’ultimo numero della rivista PNAS, con un lavoro firmato dalle Università di Stanford e del Texas, insieme all’Istituto australiano di scienze marine di Townsville. Questi organismi, dunque, hanno ben poco di controverso e molto di utile. La loro missione è inaugurare un nuovo filone di ricerca, con lo scopo di rivelare le basi molecolari della vulnerabilità al “bleaching”, lo sbiancamento innescato dal riscaldamento globale che sta decimando la barriera corallina.

La maggior parte dei coralli si riproduce una volta o due all’anno, durante il plenilunio, rilasciando enormi quantità di cellule sessuali che fluttuano come fiocchi di neve sottomarina. La finestra temporale di questo suggestivo fenomeno può essere prevista in modo abbastanza accurato, perciò i ricercatori hanno potuto campionare le acque al momento giusto, prelevando i prodotti della fecondazione a uno stadio abbastanza precoce da consentire la manipolazione. Prima ancora di essere uno strumento per il miglioramento genetico di piante e animali, CRISPR è un bisturi molecolare al servizio della ricerca di base. Consente infatti di inattivare facilmente i geni di interesse, per studiare i contraccolpi del loro silenziamento e dedurne la funzione. Per farci spiegare i risultati ottenuti e le prospettive di questo approccio nel campo della biologia dei coralli abbiamo intervistato il primo firmatario dell’articolo uscito su Pnas, l’americano Phil Cleves, che si è recato in Australia per eseguire gli interventi genetici.

CRISPR sembra funzionare bene con tutti gli organismi su cui è stata messa alla prova. Che impatto avrà nel suo settore?

I coralli soffrono un declino senza precedenti a causa dei cambiamenti climatici, perciò è importante comprendere a livello molecolare come resistono agli stress termici, come completano il ciclo vitale, come interagiscono con le alghe simbionti (quelle la cui espulsione determina lo sbiancamento). Finora lo sforzo per decifrare il contributo di specifici geni a questi tratti è stato ostacolato dalla mancanza di metodi per testare la funzione dei geni stessi nei coralli. CRISPR ora ha messo in moto una rivoluzione, consentendo ai ricercatori di effettuare cambiamenti di precisione nel genoma delle specie di interesse. Io e la mia coautrice Marie Strader sapevamo che questa tecnica poteva avere un grande impatto nello studio dei coralli, consentendo di affrontare sperimentalmente domande fondamentali ancora senza risposta e di capire perché questi organismi sono tanto sensibili ai cambiamenti ambientali. È troppo presto per prevedere quali risultati si raggiungeranno, ma speriamo che questo filone serva ad accrescere le conoscenze.

In questo lavoro che fa da apripista sono stati inattivati tre geni, in base a quali criteri li avete scelti?

Servivano dei geni la cui inattivazione fosse facile da visualizzare. Alcuni coralli, tra cui Acropora millepora, producono naturalmente delle proteine fluorescenti che li fanno brillare, perciò abbiamo cominciato da questi. Abbiamo mutagenizzato i geni che esprimono la proteina fluorescente rossa e quella verde, ottenendo una perdita di fluorescenza non tanto forte come ci aspettavamo ma comunque rilevabile. Il terzo gene su cui abbiamo puntato si chiama FGF1a. Riteniamo che sia implicato nell’insediamento delle larve e nella loro metamorfosi in polipi, ma servono ulteriori esperimenti per dimostrare l’ipotesi.

La conoscenza è potere anche in campo ambientale. Dopo la vostra prova di principio, come verranno scelti i geni da prendere di mira con CRISPR?

Negli ultimi decenni sono stati accumulati molti dati di genomica e di espressione genica nei coralli. Questo ci offre un ampio set di ipotesi sulla possibile funzione di specifici geni. Ci sono tante domande aperte su quali meccanismi aiutino i coralli a prosperare in questi ecosistemi vivaci e mutevoli. Il prossimo passo per noi sarà testare alcune di queste ipotesi sulla formazione dello scheletro, le simbiosi e lo sbiancamento. Le incognite sono davvero tante, si tratta di un’avventura entusiasmante.

Alcuni gruppi sperano di individuare dei coralli naturalmente super-resistenti per poterli usare nel ripopolamento. Si lavora anche sulla genetica delle alghe che ricevono alloggio dai coralli e ricambiano fornendo nutrimento?

Per raggiungere una profonda comprensione di questa relazione di reciproco scambio dobbiamo capire come funzionano i geni sia nei coralli che nelle alghe con cui si accompagnano. CRISPR è un eccellente strumento anche per studiare la biologia delle alghe e ci sono molti gruppi che stanno cercando di adattare la tecnica anche a questi organismi simbionti.

 

 

 

5 pensieri su “I primi coralli CRISPR per studiare (e salvare) la barriera

  1. Sì, direi che è veramente molto utile ….e questo che intende per “corretti”?

    “We targeted the genes encoding fibroblast growth factor 1a (FGF1a), green fluorescent protein (GFP), and red fluorescent protein (RFP). After microinjecting CRISPR/Cas9 ribonucleoprotein complexes into fertilized eggs, we detected induced mutations in the targeted genes using changes in restriction-fragment length, Sanger sequencing, and high-throughput Illumina sequencing. We observed mutations in ∼50% of individuals screened, and the proportions of wild-type and various mutant gene copies in these individuals indicated that mutation induction continued for at least several cell cycles after injection.”
    Sicuramente ai miei occhi non aiutano proprio per nulla le barriere coralline….ma semplicemente si cercano dei metodi per incrementare le entrate con qualche bio-drug come un fattore di crescita come quello studiato nel lavoro in questione

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      • i coralli in quanto organismi stenotermi e stenoeci sono estremamente delicati, ciò non gli ha impedito di costruire nel corso di miglioni di anni ecosistemi straordinariamente complessi e cruciali per la vita degli oceani e non solo. la sola idea che qualche esperto oggi pensi che abbiano bisogno di un aiutino che li renda più forti mi intristisce enormemente. per dirla in termini fiabeschi, i coralli ne hanno passate di cotte e di crude nel corso delle ere geologiche, la loro delicatezza è stata il fondamento della loro immensa forza ed importanza per la vita sul pianeta. non hanno bisogno di un aiutino “genomico”, hanno bisogno di rispetto.

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      • Capisco il senso di rispetto e persino di sacralità della natura, ma non credo affatto che studiare la genetica delle specie selvatiche sia irrispettoso. La conoscenza non è mai irrispettosa, secondo me.

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  2. dopo più di un anno, rileggendo il mio commento, noto che ho commesso un errore di ortografia (miglioni) ma noto altresì dal feedback che non sono riuscito a trasmettere con chiarezza il mio pensiero. Non dico infatti che lo studio della genetica delle specie sia irrispettoso, tantomeno che la conoscenza sia irrispettosa, dico che questi “esperti” ricercatori dovrebbero mettere le loro energie nella comprensione delle dinamiche biologiche e ancor di più nella diffusione di cultura in modo da agire in modo coerente. Non si può distruggere con le ruspe e tentare di ricostruire con le pinzette. Eppure sti biologi dovrebbero sapere che più si studia il piccolo più si diventa miopi. Alzate la testa e affrontate le sfide agendo in base alle priorità altrimenti è tempo perso e il risultato finale è un inesorabile declino, ben indagato, certo, ma sempre di declino si tratta. Domanda: esiste qualche esperto che stia studiando come rendere le foreste della Siberia, Alaska, Brasile più resistenti agli incendi?

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