
Sin dalle sue origini Homo sapiens ha spinto molte specie sull’orlo dell’estinzione, e talvolta irrimediabilmente oltre. Lo abbiamo fatto per sfamarci, difenderci, colonizzare, coltivare, bonificare, arricchirci. Spesso senza esserne pienamente consapevoli. Farlo oggi, intenzionalmente, nell’epoca dei trattati sulla biodiversità e degli sforzi per la conservazione, può apparire come un atto assurdo ed estremo. Ma non mancano gli esempi di organismi considerati altamente nocivi per la salute o per l’ambiente. In quali circostanze sarebbe ammissibile eliminarli ricorrendo alle tecnologie genetiche? Abbiamo il diritto di cancellare dalla faccia della Terra un’altra forma di vita? Probabilmente queste domande non hanno una sola risposta giusta, ma un gruppo di biologi, ecologi, naturalisti, bioeticisti e scienziati sociali ha organizzato un workshop per discuterne e ha provato a rispondere sulla rivista Science analizzando tre casi concreti: la mosca assassina (Cochliomyia hominivorax) in Sud America, la zanzara della malaria (Anopheles gambiae) in Africa, i topi e i ratti (Mus musculus, Rattus rattus, Rattus norvegicus) nelle isole dell’Oceania. [Continua su Le Scienze]